Sigilli bizantini
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di Ewald Kislinger, Università di Vienna (Austria)
Mentre oggi timbri d´ufficio autenticano firme e suggellano il carattere genuino di un documento, nell´impero bizantino, a partire dal 7 secolo si usava a tal fine il sigillo . Un tondello (del diametro da 15 a 80 mm al massimo), solitamente di bronzo (sovrani usavano anche oro e argento) veniva stampato su entrambi i lati con un´ apposita tenaglia („Boulloterion“). Il prodotto finale presentava sulla facciata anteriore (dritto / Av) una scritta (invocazione a Dio) disposta in forma di croce o una rappresentazione di Cristo, della Madonna o di un santo (a volte circondata da un´iscrizione), mentre sulla facciata posteriore (rovescio / Rv) trovava posto la menzione del nome, rango e carica del proprietario. Grazie ad un filo ad esso saldato il sigillo veniva fissato a calce di documenti ufficiali o privati, di cui simboleggiava l´autenticità. Mentre la carta o la pergamena stessa sono spesso divenute vittime delle ingiurie del tempo, i sigilli che le accompagnavano, essendo di materiale più resistente, sono in molti casi sopravvissuti. Le loro iscrizioni sono preziose testimonianze storiche che integrano opportunamente le nostre conoscenze sull´amministrazione dell´impero e i suoi funzionari, soprattutto in province molto distanti dal centro, come era appunto la Sicilia, che sono menzionate nelle fonti soltanto di rado e in modo lacunoso.
Stato della ricerca
La „Kommission für Byzantinistik“, un centro di ricerca dell´Accademia austriaca delle Scienze (ÖAW) ospita nella sua sede di Vienna un strumento eccezionale per lo studio dei sigilli bronzei bizantini. La cosiddetta „sigilloteca“ contiene foto e descrizioni di circa 25.000 esemplari, in parte già editi, in parte ancora inediti, in possesso di musei e collezioni di tutto il mondo. Questa documentazione rappresenta un passo decisivo in vista della costituzione di un corpus complessivo di tutti i sigilli bronzei dell´impero bizantino pervenutici. Una tale esigenza aveva formulato già nel lontano 1864 un dotto siciliano, Antonio Salinas, per molti anni direttore del Museo archeologico di Palermo . La sua iniziativa non ottenne il successo che meritava. Soltanto 20 anni dopo Gustave Schlumberger pubblicava a Parigi con la sua „La sigillographie de l´empire byzantin“ la prima ampia raccolta di sigilli che doveva diventare un vero e proprio catalizzatore per studi successivi . Il materiale sigillografico di Sicilia è rimasto purtroppo escluso da questo sviluppo, fino a tempi recenti si contano soltanto due pubblicazioni scientifiche degne di tal nome su sigilli conservati nei musei di Palermo, Siracusa e Cefalù . Negli ultimi anni però un nuovo e fresco vento ha messo in movimento le acque stagnanti della sigillografia sicula. La bizantinistica francese ha intrapreso la catalogazione e lo studio degli esemplari in possesso dei musei su menzionati, mentre a Vienna si progetta la pubblicazione della collezione Manganaro (da generazioni in possesso di questa famiglia). Oltre a ciò la ricerca scientifica comincia ad abbracciare in modo sempre più sistematico anche reperti singoli (ad esempio quelli rinvenuti a Ventimiglia di Sicilia o a Lipari ) e piccole raccolte, come quelle di Enna e Messina e adesso anche di San Marco d´Alunzio.
Sigilli bizantini nel Museo per la cultura e l´arte normanno-bizantina
Fra i diversi oggetti minori in possesso del Museo (così Monete, Fibbie e Anelli), sono da annoverare anche tre sigilli bronzei (Inventario N.352-354). Tutti e tre sono databili all´VIII secolo (nel mezzo quindi della dominazione bizantina in Sicilia, v. Introduzione storica) e presentano sulla facciata anteriore il monogramma con invocazione tipico di quell´epoca (Tipo Laurent V). Le lettere apposte alle quattro estremità della croce danno insieme l´invocazione „kyrie boethei“ (Signore aiuta) o, nel Nr. 354, „theotoke boethei“ (Madre di Dio aiuta), il testo nei quattro quadranti recita. „Tō/ sō/ dou/lō“ (il tuo servo). Il nome di colui che in ciascuno dei tre sigilli invocava l´aiuto divino è rivelato nella facciata posteriore in un´iscrizione su svariate righe.
N. 352 è conservato in modo frammentario, vale a dire l´intero quadrante sinistro inferiore e parte di quello destro inferiore sulla facciata anteriore nonché il testo corrispondente in quella posteriore: 1 Iω ΔΡ(ǒ) 2 ΓΑΡΙǒ 3 +s io drou(n)gario A prima vista sembrerebbe ovvio intepretare l´„io“ all´inizio della riga 1 come la sillaba finale della parola indicante il rango, seguita poi dal nome del proprietario del sigillo (si potrebbe pensare a spathar-io, cfr. infra Nr. 354). Poiché però le lettere conservate sono di formato molto grande, non rimarrebbe sufficiente spazio nelle parti ora mancanti (i quadranti superiori destro e sinistro) per collocarvi sia il nome che il rango. È dunque preferibile, in alternativa, intendere „io“ come abbraviazione per Ioannes, laddove il trattino indicante l´abbreviazione doveva trovarsi in alto sulla parte del sigillo ora mancante. In una riga I anch´essa non conservata, simmetricamente alla 3, il nome sarà stato preceduto da un segno di croce + . Ioannes, il proprietario del sigillo, in quanto drungario era un alto ufficiale delle truppe stazionate nella provincia (con termine bizantino: tema) ai cui comandi servivano parecchie centinaia di soldati. Sigilli siciliani documentano altri due ufficiali insigniti della stessa carica, Eufemio (Siracusa Inv.-Nr. 4809) e un altro Ioannes (Siracusa, Inv.-Nr. 4811) .
N. 353 (del primo quarto dell´VIII secolo, forse addirittura poco prima della fine del VII) ci è pervenuto intero ma in cattivo stato di conservazione, il che rende difficile la lettura. Dall´iscrizione su quattro righe del Rv (di esse la riga 4 contiene soltanto un segno di croce + fra due palme) si può quantomeno dedurre con sicurezza che il proprietario era un dignitario ecclesiatico. Nella riga 2, infatti, si legge chiaramente ΕΠΗ , seguito nella riga 3 da CΚΟΠ e un segno di abbreviazione, il che dà nel complesso episkop(ou) = vescovo.
Immediatamente prima di „epi“ nella riga 2 è leggibile con chiarezza soltanto ŏ (= ou); si tratta della desinenza in genitivo del nome di persona. La lettera precedente “ou“ potrebbe essere un C (= s) (Sigma) o piuttosto un E (Epsilon). In quest´ultimo caso, unitamente ai possibili resti di un P (= r) subito prima, si potrebbe proporre la lettura (And)reou = di Andrea.. La mancanza del riferimento alla sede vescovile è da considerare inconsueta.
N. 354 (seconda metà dell´ VIII secolo) presenta in un´iscrizione sul Rv disposta su cinque righe un nome non ancora attestato su sigilli.
1 +
2 ΦΟΕΝ
3 ΩΒΑCΠ
4 ΑΘΑΡ
5 Ιω
Phoenō b(asilikō) a(= proto)-spathariō Phoenos è probabilmente un nome di origine anticoiranica. Potrebbe essersi trattato più precisamente di uno di quegli armeni che, come sappiamo, prestavano in gran numero servizio nei ranghi dell´esercito bizantino e sono attestati svariate volte anche in Sicilia . Il rango di un protospatario (portatore di spada) imperiale (basilikos) colloca il proprietario nella categoria degli alti ufficiali.
Ringrazio cordialmente il prof. Werner SEIBT per i suoi preziosi consigli e in particolare per le accurate datazioni qui menzionate
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