Fibbie e anelli bizantini
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di Ewald Kislinger, Università di Vienna (Austria)
Quando la cultura bizantina ci viene presentata attraverso testimonianze materiale, si tratta per lo più di oggetti di lusso. Lo splendore degli abiti di seta o delle croci pettorali tempestate di gioielli rispecchia l´intento precipuo dei Bizantini stessi di esibire agli occhi altrui il fasto e il potere dell´impero protetto da Dio. Il mondo del popolo minuto partecipava soltanto da lontano a questa messa in scena; fra gli oggetti di uso comune mancano tanto materiali pregiati quanto prodotti di raffinata fabbricazione. Essi in cambio ci permettono di gettare uno sguardo sulla vita quotidiana dei Bizantini.
Fra gli svariati oggetti appartenenti a questa categoria che si trovano in possesso del museo di San Marco se ne è qui scelto in particolare un gruppo cosituente dal punto di vista funzionale un accessorio consueto dell´abbigliamento. In conclusione rivolgeremo brevemente l´attenzione ad un secondo gruppo che documenta il primordiale istinto umano di mettersi in una luce favorevole e distinguersi dagli altri con l´uso di gioielli e ornamenti. Fibbie e anelli, che di tali oggetti si tratta, hanno in comune i simboli che li adornano, un´unitarietà questa che testimonia dell´esistenza di gusto e immaginazione unici.
Servivano a fissare la cintura (in particolare per fermare i calzoni) ed erano indossate da uomini, donne e anche bambini, come testimoniano ritrovamenti funerari. Originariamente un accessorio dell´uniforme militare romana (introdotto dai contingenti germanici e nomadi), le cinture di pelle (o seta) si diffusero sempre più a partire dal IV secolo anche fra la popolazione civile . La massima fioritura di tale moda cade nell periodo fra il sesto e l´ottavo secolo, in cui l´esportazione di questo capo di abbigliamento raggiunse i lontani territori dell´Europa settentrionale e orientale dove i prodotti furono imitati e adattati al gusto locale (specialmente presso i Longobardi e gli Avari ). A seconda della posizione sociale del portatore la fibbia centrale della cintura, composta di piastra, anello (o saldati fra loro o collegati con una cerniera) e ardiglione era lavorata in oro, più comunemente bronzo e raramente ferro. Sulla piastra si possono incontrare motivi figurati di tipo geometrico o tratti dal mondo animale e vegetale, o, a volte, il nome del proprietario .
I tipi prodotti in gran numero di esemplari per un ampio mercato vengono tradizionalmente denominati e suddivisi in base al luogo nel quale sono stati ritrovati per la prima volta con frequenza. Altre denominazioni complementari si riferiscono alla forma esteriore della piastra .
Il tipo Corinto (nr. 403 di vetrina) è rappresentato nella città che gli da il nome con circa 10 esemplari, ma ricorre ancora più spesso in Crimea, nella Croazia settentrionale e in ambito istriano e, con variazioni locali, in Sardegna. Lo si incontra anche in Sicilia con reperti provenienti da Taormina, Siracusa, San Mauro Sotto (a sud-est di Caltagirone), Noto, Chiaramonte Gulfi (documentazione di ritrovamenti e carta della loro distribuzione in E. Riemer, Byzantinische Gürtelschnallen aus der Sammlung Diergardt im römisch-germanischen Museum Köln. Kölner Jahrbuch für Ur- und Frühgeschichte 28 [1995] 777-809, qui 804- 807 con datazione al VII secolo) e adesso, inoltre, appunto l´esemplare conservato nel museo di San Marco. Esso è caratterizzato dalla forma triangolare della piastra che presenta tre fori, in primo luogo due simmetrici di forma circolare accanto alla cerniera (anello e ardiglione mancano in questo caso), mentre un terzo, a forma di cuore è separato da essi tramite una barretta. La punta triangolare termina in un tondello che porta una croce: era questo, qui come in altri pezzi, lo spazio destinato alla personalizzazione dell´oggetto, ad es. con l´incisione di un monogramma del proprietario. La fibbia, questa come anche tutti gli altri tipi, veniva assicurata alla cintura con due o – più comunemente – tre occhielli posti nella parte posteriore che si incastravano in incisioni fatte nella cintura cui erano fissate con filo di cotone o metallico.
Un altro tipo porta il nome Siracusa (nr. 407, altri tre pezzi sono conservati nel museo: Nr. 406, 408 e 415) , poiché è stato analizzato per la prima volta grazie a reperti di questa località. Una presenza massiccia di questo tipo è riscontrabile in Crimea, ma anche nella zona dell´Adriatico. Alcuni pezzi si trovano nel bacino dei Carpati e nella Germania meridionale e occidentale. Nel tipo Siracusa l´anello (che nell´esemplare qui riprodotto manca quasi completamente) e la piastra sono congiunti fra loro rigidamente, l´ardiglione viene inserito in un buco. La piastra a forma di cuore ha di solito una decorazione a palmette e termina con un bottone. Questo tipo veniva prima datato alla fine del sesto – inizi del settimo secolo, ma un reperto funerario di Piana degli Albanesi grazie alla presenza contemporanea di ceramica datata (lucerne tipo IIA Hayes) permette ora di documentare la sua diffusione già nel quinto secolo (Riemer 779-780, 798-801).
Fra “Siracusa” e “Corinto” si situa il tipo Balgota (nr. 402, qui in veduta di faccia e di retro, con tre occhielli) . Nella forma esterna, compreso il bottone terminale esso somiglia al primo, ma il foro a forma di cuore ricorda invece il secondo, mentre la palmetta che campeggia nello spazio vuoto d´altro canto ritorna ad essere vicino al tipo Siracusa; due variati con e senza cerniera sottolineano vieppiù questa posizione mediana. Il tipo, raro nei Balcani e in Asia Minore, s´incontra in Italia (in Sicilia a Chiaramonte Gulfi, Sofiana, Agrigento/S. Leone e Salemi) e ancora più frequentemente in Crimea (dove però la ricerca archeologica è stata particolarmente intensa e capillare (Riemer 781-784, 801-803, con datazione parallela al tipo Siracusa).
Col nome di Ippona Regius viene designata una fibbia con piastra a forma di scudo rinvenuta in modo massiccio in questa località (Riemer 790-791, 807-80). Vi sono raffigurati soprattutto motivi vegetali o animali, nel nostro caso (Nr. 404) un ibis egiziano che guarda a destra e sotto il cui becco si trova un serpente, mentre al disopra della sua testa sono visibili rami di albero. La rappresentazione dell´uccello fenice e di quadrupedi alati in pezzi provenienti da altre località (per esempio da Noto) permette di inferire una forte componente mitologico-religiosa nella scelta dei motivi.
Un animale favoloso decora anche la fibbia che deve essere senz´altro considerata come il tipo-guida siciliano. Esso è raffigurato sulla piastra a forma di U accovacciato lateralmente con la testa eretta, becco e occhio sproporzionatamente grossi e spalancati. Linee incise su tutto il corpo alludono probabilmente al pelo (riprodotti: nr. 409 e nr. 412; in possesso del museo inoltre nr. 410 e nr. 411). Orsi (Sicilia bizantina 186) voleva riconoscere in tale animale una colomba, ma i piedi, chiaramente visibili e la coda ripiegata che dalle parti posteriori giunge alla testa non sono argomenti a favore di questa interpretazione. A mio avviso sono stati qui mescolate due differenti belve che ricorrono spesso su piastre di fibbie, cioè il leone e il grifo, che entrambi simboleggiano la forza (e così anche il prestigio o la protezione del portatore). Pezzi paralleli completamente conservati provenienti da San Mauro Sotto (presso Caltagirone, CT), Centuripe (EN) e Mussomeli (CL) nonché da Monte Iato e Filaga (entrambi in provincia di Palermo) hanno anelli di dimensioni maggiori della piastra, il che (insieme agli occhielli situati completamente all´esterno) significa che quest´ultima era più stretta della cintura stessa. L´ardiglione presenta una gobba caratteristica che ha spesso una decorazione (ad es. la lettera greca Chi per Christos, nr. 371) . Poiché il “tipo a U”, come esso di solito viene classificato, è fortemente rappresentato proprio in Sicilia e in Sardegna, propongo di adottare in futuro la denominazione Sardo-siculo come categoria geografica più ampia e distinguere poi all´interno di esso sotto-gruppi in base ai differenti motivi figurativi. Fra di essi vanno annoverati, oltre ai motivi animali (pavone, cavalluccio marino, sepente /nr. 416, leone, grifo e il già menzionato grifo-leone) anche motivi geometrici, così la decorazione a occhi di dado disposti a raggio, che è presente anche a San Marco (in riproduzione nr. 413 ; cfr. nr. 414; Orsi, Sicilia bizantina 185, fig. 88; S. Mauro Sotto [Orsi, op. cit. 114, fig. 39f] e Centuripe, tomba 1 [Dannheimer, Grabfunde, tav. 2 /nr. 13]).
Per quanto riguarda altri tipi è necessario fare il rilevamento completo e la registrazione cartografica dei luoghi di ritrovamento prima di poter adoperare anche qui il criterio ordinatore geografico. Ciò vale innanzi tutto per il “tipo cicala/scarabeo” (o in generale “tipo insetto”) (qui riprodotto come nr. 421, vi appartiene anche nr. 422; cfr. Orsi, Sicilia bizantina 189, fig. 96) con la piastra rilevata nell’ asse verticale in forma di tetto da cui si dipartono due ali laterali (presente anche a Siracusa e Sofiana nel Peloponneso nonché in Asia Minore ) e il “tipo a croce”: Quest’ ultimo è realizzato in due modelli, uno piccolo (nr. 417-420,qui illustrato nr. 418 , cfr. l´esemplare di Grotticelli: Orsi in Notizie degli scavi 1896, 345, fig. 11E; assicurato con un occhiello) e uno grande, entrambi con collegamento rigido dell´anello e della piastra (ardiglione attaccato in in un braccio di croce con un foro rotondo). Nella variante grande con braccio di croce trapezoidale (nr. 401) alla parte dell´anello opposta all´estremità della croce si raccorda anche un tondello terminale circolare che, come nel tipo Corinto, consentiva al portatore di incidervi il suo nome con un monogramma. La croce è decorata con un motivo di occhi a dado e spina di pesce (o ramo di palma). Pezzi siciliani paragonabili provengono da Chiusa S. Elena (presso Licodia, RG) (oggi nel museo di Siracusa, inv. 41544), da contrada Gufara presso Buscemi e (danneggiato) da S. Mauro Sotto (Orsi 184, fig.17; 114, fig. 39d), ancora inediti sono quattro esemplari dell´antica collezione della famiglia Manganaro. Resta ancora da presentare un ultimo tipo poco noto di ambiente siciliano, il nr. 369 . Fino ad oggi è stato pubblicato soltanto un pezzo di S. Nicola-Giglia (Chiaramonte Gulfi), oggi nel museo di Siracusa, inv. 41539 , di esso esistono un ulteriore esemplare ancora inedito a Siracusa e tre nella collezione Manganaro. Questo tipo 20 (Csallany) o 10 (Russell) e attestato soltanto a Roma , Corinto (Davidson nr. 2209 e 2210), nelle isole argoliche Korakonisi e Plateia , in Asia Minore e Crimea.
(nr. 379-397 di vetrina) rappresentano anche in ambito culturale bizantino un tipo di ornamento molto comune. Quelli usati dal popolino sono, come le fibbie, di metallo non prezioso e il tipo di decorazione sottolinea ancor più le affinità fra le due categorie.
Nr. 395 infine mostra una figura stilizzata con grandi ali, probabilmente un angelo, lavorato con mano molto rozza. Rappresentazioni simili s´incontrano normalmente su tondelli terminali – di solito riservati al monogramma a forma di croce– delle fibbie del tipo Corinto (Orsi, Sicilia bizantina 152, fig. 68; collezione Manganaro [inedito]), evidente testimonianza dell´intercambiabilità dei motivi iconografici.
Nr. 388 presenta un monogramma semilavorata (cfr. nr. 386, 387 e 394) come quelli del tipo Corinto (sopra, nr. 403) e del tipo a croce grande (sopra, nr. 401), anche qui una possibilità di personalizzare un prodotto di serie.
Nr. 396 rincontriamo il noto animale fantastico delle fibbie a forma di U, il grifo-leone (altri quattro pezzi paragonabili sono compresi nella collezione Manganaro).
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