Il sistema monetario bizantino. Osservazioni generali
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„Dollaro del Medioevo“ questo soprannome rende bene il prestigio internazionale e la fiducia che la moneta aurea dell‘ impero bizantino (chiamata in latino solidus e in greco nomisma) godette, ben oltre i confini dello stato, dall’ Europa settentrionale fino all’ India. Alla base di tale fama veramente internazionale è senza dubbio una percentuale d’oro del 90 per cento che si mantenne costante per secoli . I motivi iconografici delle monete sono in fondo pochi e si ripetono costantemente: l’imperatore in carica in apparato da cerimonia , a volte affiancato dai figli e coreggenti, un busto di Cristo o una croce elevata oppure, nei secoli V e VI, un angelo, successore della dea Vittoria dell’era pagana . Il peso contava circa 4,5 gr(ammi) d´oro, vale a dire la settantaduesima parte di una libbra romana a 325- 327 gr. Poiché il valore di un unico solidus corrispondeva all´incirca all´intero salario mensile di un semplice lavoratore , esso era troppo elevato rispetto ai prezzi delle merci di uso quotidiano. Nel commercio minuto si usavano quindi monete di rame, le quali costituivano il secondo pilastro dell´economia monetaria bizantina. Le monete d´oro invece venivano adoperate per importi elevati, ad esempio per il pagamento delle tasse. La relazione fra questi due tipi di monete era regolato dallo stato il quale stabiliva quanti pezzi in rame fossero necessari per cambiare un solidus dai cambiavalute.
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La moneta di rame standard (a partire dalla riforma di Anastasio nel 498) era denominata follis ed è caratterizzata dalla lettera M sul rovescio, il mezzo follis porta invece un K e il quarto di follis (= Decanummium) una I . Per ottenere un solidus erano necessari fra 180 e – in casi eccezionali – 1080 folleis . Quanto più folleis venivano richiesti per il cambio tanto più pesante era chiaramente la pressione fiscale.
Sigle speciali, soprattutto su monete di rame, specificano in quale zecca il pezzo relativo è stato coniato : così CON sta per Costantinopoli, NIK per Nicomedia (nr. 3 e 6 di vetrina), THES(S) per Salonicco, RAV per Ravenna (che fu fino all´ VIII secolo sede amministrativa dell´Italia bizantina) e CAR per Cartagine in Nordafrica. Anche la Sicilia aveva zecche bizantine a Catania (CAT dal 578 al 629, soltanto pezzi di rame di basso valore) (nrr. 8, 9, 11, 12) e soprattutto a Siracusa (SCL, abbreviazione per Sicilia), che rimase in funzione fino alla conquista araba della città nell´878.
La grande quantità di monete di rame in circolazione (il che, unitamente allo scarso valore, aumentava il pericolo di una perdita per disattenzione) e il loro impiego nella vita quotidiana spiegano la frequenza e il numero dei ritrovamenti; questi reperti sono appunto la nostra fonte principale di informazione sullo sfruttamento umano e la rilevanza economica delle singole località.